giovedì 17 marzo 2011

A vent'anni dall'addio del Re, le luci si riaccendono su Napoli


"Tutti dicono: questo è stato il migliore del Barcellona, questo è stato il migliore del Real Madrid, questo è stato il migliore... Io sono orgoglioso di essere stato il migliore a Napoli". D.A. Maradona


17 marzo 1991 – 17 marzo 2011, oggi. Un’attesa lunga venti anni, l’attesa il motore dell’universo. Esattamente vent’anni fa Diego Armando Maradona perdeva lo scettro, detronizzato da tutti i vizi e le debolezze di un personaggio unico oltre il bene e il male.
El Pibe de Oro non è stato soltanto il calciatore più forte di tutti i tempi, ma la sintesi sublime del sogno che si cela dietro questo meraviglioso sport. E’ colui che ha banalizzato il termine amore, troppo riduttivo per esprimere l’attaccamento di due popoli, argentino e napoletano, nei confronti di questo genio del calcio. Due popoli che si sono fusi in un unico credo, Diego Armando Maradona. Stadio San Paolo, 3 luglio 1990, semifinale del Campionato Mondiale tra Italia ed Argentina, il popolo azzurro, italiano con la i maiuscola, non riuscì a voltare le spalle al suo Dio.
Il settennato d’oro, fu ribattezzato. Sette anni di Maradona, dall’84 al 91, che portarono Napoli e il Napoli in vetta, in Italia come in Europa. L’apoteosi della storia calcistica partenopea, l’orgoglio di un popolo che tante volte è stato a guardare senza mai perdere il sorriso sulla bocca. Sette anni di magie, difficile definire ogni tocco di un calciatore illuminato, di sfide alle grandi da grande, di trionfi e felicità. Fino a quel 17 marzo 1991, Napoli-Bari 1-0 con rete di Zola: El Pibe de Oro viene sorteggiato all’antidoping, sarà la cocaina trovata nelle sue vene a sancirne l’inesorabile declino. La tossicodipendenza fu lo sfogo ad una (non) vita di una persona debole nella sua inenarrabile grandezza, soffocata alla fine dal “troppo” amore di chi lo ha venerato.

"Non me la sentivo più di essere un simbolo, di rappresentare qualcosa, di reggere tutto lo stress che procura questa macchina, questo calcio. Confesso la mia incapacità, la mia fragilità, anche se la mia presunzione, il mio orgoglio mi facevano apparire diverso". Diego Armando Maradona.

17 marzo 2011, nessun erede, ma togliere i sogni al popolo napoletano è un arduo esercizio di fantasia. Per venti lunghi anni Napoli non ha sognato, o meglio si è vista frustrare i suoi sogni da una realtà non all’altezza dell’immaginazione. L’attesa è finita, Napoli è di nuovo grande. A prescindere da ciò che sarà, alzatevi in piedi di fronte al Napoli di De Laurentiis, di Walter Mazzarri, di Cavani e compagni. Una società seria ed ambiziosa, un fuoriclasse toscano per condottiero, un centravanti meraviglioso ciliegina di un gruppo di ottimo livello. Il più orgoglioso sarà proprio Maradona.

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